È la sera del 3 ottobre 2011,
comincia un torneo che cambierà la storia della San Martino. Tutto è cominciato
grazie all’invito dei ragazzi di Mortara: l’oratorio organizza un torneo di
calcetto per ricordare Tommaso Lorena, un amico che troppo presto se n’è andato
via. La squadra tromellese risponde con entusiasmo. Avversarie Mortara,
Vigevano e Gravellona, team tosti e temibili, in parte sconosciuti agli
osservatori dei nero-verdi. Il presidente onorario dal suo ufficio di via
Branca tuona: “se non vincete, le
conseguenze in questa vita e nell’altra saranno terribili”, ma l’atmosfera
nello spogliatoio è serena, distesa. Qualcuno, indossando pesanti parastinchi
di adamantio (prodotti SAGIM di ultima generazione), mormora addirittura:
“Questa la vinciamo…”. Al fischio d’inizio si parte, in campo Dancus, Biley,
Grossi, Bertoli, Lumia, Chachlakis e Dalla Valle, quest’ultimo a difesa della
sacra porta, troppo spesso violata in passato nonostante le benedizioni di due
parroci. La partita volge subito in favore dei tromellesi, che a tratti
sembrano giocatori seri: uno-due in velocità, difesa aggressiva, pressing alto
e occasioni a raffica sin dai primi minuti di gioco. Alla qualità corrisponde
la quantità dei gol: segnano Dancus e Biley a ripetizione e gli schemi funzionano,
con il romeno al centro dell’attacco a creare gioco e gli esterni che sembrano
due Frecciarossa. Là dietro, Bertoli pare aver rubato il talento a Cannavaro come
gli alieni del film Space Jam, mentre Dalla Valle non lascia passare neppure
l’aria. Gli avversari di Gravellona sono annicchiliti già dopo un tempo, ma per
regolamento bisogna giocarne due e così va in scena anche il secondo atto,
durante il quale Lumia segna alla Vidal e Vassilia si esalta con un colpo sotto
che supera l’estremo difensore avversario. Il giudizio finale è inappellabile:
8-3 per la San Martino e tutti a casa contenti, con Dancus che non crede ai
propri occhi e stappa una bottiglia di grappa sotto la doccia.
Mattina del 30
ottobre 2011, è una domenica come tante altre. Mio cugino di otto anni mi chiede di
narrargli l’impresa e mentre racconto mi guarda stupito, quasi inebetito per la
sorpresa. Concludo descrivendogli le epiche gesta e lui sorride, poi cambia
espressione e si fa perplesso, chiedendomi con l’innocenza dei bambini: “Davide! Ma allora come avete fatto poi ad
arrivare ultimi?”. Ma questa è un’altra storia…
Davide Grossi
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